Perché, per avere ulteriori informazioni o fare una richiesta, devo andare alla ricerca di un contatto valido all’interno dell’email che ho ricevuto? Perchè sono costretto a cliccare il sito per compilare una lunga e noiosa form di contatti? In fondo è una email anche quella. Non basterebbe permettermi di rispondere come accade per tutte le email che ricevo? Mi sento come se mi riagganciassero il telefono in faccia!

Questo potrebbe essere il pensiero di un lettore che, volendo rispondere a un’email promozionale ricevuta, si trova di fronte a un no-reply.

I nostri clienti ci sanno fare. Dalle nostre statistiche risulta che la maggior parte di loro non utilizza un no-reply per spedire le proprie campagne, ma ancora molte, in generale, sono le newsletter di questo tipo che riceviamo.

Il no-reply decentra il carattere bidirezionale tipico dell’email al senso unico cui ci hanno abituato i media tradizionali come la televisione. Il problema di una comunicazione unidirezionale è che questa non diventa una conversazione, ma resta nel limbo di un monologo.

Utilizzare il no-reply in un certo senso equivale a considerare come un costo extra ed eccessivo qualunque altra attività che un possibile acquirente effettua, prima o dopo aver comperato un servizio. E’ evidente che il cliente avverte questo metodo e fisiologicamente si allontana, creando un immediato problema sul piano della deliverability. Non molti utenti infatti accetteranno di ricevere notizie da qualcuno che non è interessato alla loro opinione. Cliccare il tasto spam allora diventa una scelta conseguente.

Permettere ai propri lettori di rispondere all’email equivale a ottenere feedback gratuiti e spontanei. Inoltre questo genere di risposte sono opportunità per generare interesse e nuove vendite. Se distribuire il vostro prodotto è importante, consentite agli utenti di cliccare “rispondi” e date loro una risposta personalizzata. Nella maggior parte dei casi, acquisteranno.

Si, è tutto vero. Ma se uso la vera email della mia azienda, poi va a finire che la posta viene intasata da reply automatici, scherzi e altre inutilità!

Così invece potrebbe risponderci il direttore di un’azienda che ha scelto di usare il no-reply.

Come fare dunque?

  1. Affidate i vostri invii a piattaforme professionali che offrano la gestione automatizzata dei bounceback, ovvero di quelle mail che non vengono consegnate.
  2. Impostate un filtro per smistare la posta. Il primo passo potrebbe essere quello di raccogliere tutte le mail con oggetto “Re:” che, generalmente, indicano una risposta.
  3. In seguito, in base alle email che riceverete potrete affinare le regole. Ad esempio potrete verificare come vengono notificati i cambi di indirizzo o le risposte automatiche.
  4. Controllate le mail che vi tornano indietro: alcune webmail rispediscono al mittente le mail che vengono considerate spam, altre chiedono un codice di verifica per l’accettazione. Effettuare costanti rilevazioni di questi parametri consentirà alle vostre email di raggiungere più destinatari.
  5. In base al volume di email che ricevete, potete considerare una persona specializzata che si occupi di smistare correttamente le email all’interno dell’azienda. Un carico medio di risposte può richiedere due o tre ore per ogni campagna inviata.
  6. Come soluzione non è molto etica, ma considerate se utilizzare indirizzi diversi per il campo from e il reply to. Solitamente i bounce vengono inviati al campo from, mentre le reali risposte arrivano all’indirizzo impostato come reply to. Sebbene le risposte “umane” arriveranno al reply to, sarà il campo from ad essere visualizzato.

Se considerate quanto  vitale può essere tenere traccia della redemption di clienti e possibili tali, comprenderete quanto è fondamentale permettere loro di rispondere alle proprie email. Anche a scapito di un paio d’ore di lavoro in più!