Quora è l’ennesimo social network nato. L’ennesimo che ha scatenato la creatività dei blogger in classifiche, paragoni e dubbi etici sul senso di nuove piattaforme sociali. Noi lo abbiamo provato e crediamo che il social network sia un prodotto dei nostri tempi, così come scarpe e borse. Non vogliamo stupirci, crediamo piuttosto che ogni nuovo strumento in grado di restare sul mercato, abbia qualcosa in più rispetto ai predecessori.
Per molti Quora rappresenta una delle novità più rilevanti del 2010. Inizialmente attivo solo in America, da quest’anno è accessibile anche in Italia esclusivamente grazie a un elitario sistema di inviti. A proposito, vi serve un invito? 😉
Ma partiamo dal principio. Cos’è Quora? E’ uno strumento che consente l’inserimento e l’archiviazione di domande e risposte, un sistema detto in genere Q&A (question and answer), che prende il nome dal latino quaero, chiedere per sapere (diverso da peto, chiedere per avere).
Una volta ottenuto l’invito, è possibile iscriversi creando un nuovo profilo oppure utilizzando quello già esistente di Facebook o Twitter, una soluzione veloce per riunire la varie identità digitali che stiamo accumulando. All’interno del network si potranno seguire le tematiche di interesse, inserire domande e rispondere a quelle già presenti. Naturalmente, come per ogni social network che si rispetti, si potrà personalizzare il proprio profilo – anche aziendale – e connettersi ad altri utenti (ad oggi circa 500mila).
Non si seguiranno dunque solo idee, aziende e persone, ma soprattutto domande o più in generale, argomenti. Le domande saranno tutte archiviate attraverso tag e tutte consultabili liberamente.
In netta competizione con il conosciutissimo Yahoo Answer (per nulla professionale) e con Facebook Question (ma chi lo ha visto ancora?), Quora consacra ancora una volta i contenuti generati dagli utenti, forzando a scavalcare le tradizionali fonti del sapere. A differenza di Wikipedia, ad oggi maggiore fonte d’informazione generata dal basso, Quora formalizza maggiormente il modello crowdsourcing, permettendo ai propri utenti di suggerire la persona più adatta a risolvere un determinato dubbio e contribuendo così a creare una rete sociale di tipo meritocratico.
La qualità del sapere è infatti la mission a cui Quora si vota, definendosi «un insieme in continuo miglioramento di domande e risposte, creato, curato ed organizzato dai suoi stessi utilizzatori». E il senso è proprio qui: mentre Yahoo Answer ha creato un meccanismo che quantifica il valore degli utenti non tanto sul merito, ma sulla loro partecipazione, Quora ha scelto di puntare sul potere della rete sociale riuscendo così a far sviluppare relazioni di fiducia tra gli utenti.
In America, dove Quora è largamente utilizzato, non è raro vedere dirigenti d’azienda risponde in prima persona a domande poste sui loro prodotti e servizi. Allo stesso modo giornalisti e opinion leader contribuiscono a rendere influenti le tematiche affrontate.
Qualità e rete sociale non sono però le uniche ragioni dell’auspicato successo di Quora. “Credo che la sua rapida ascesa sia da attribuire a uno spazio vuoto da riempire tra differenti strumenti confinanti tra loro“, spiega Gianluca Diegoli, esperto di comunicazione digitale e blogger: “LinkedIn per la reputazione professionale, Twitter per gli argomenti di discussione, Facebook per i rapporti interpersonali, i siti di risposte e i forum per la conversazione su argomenti precisi. Quora riesce a raggiungere una massa critica sufficiente senza però portare a un livellamento verso il basso delle risposte” (fonte L’Espresso).
“Noi pensiamo che ci siano ancora troppe informazioni nella mente delle persone e non disponibili su Internet. Forse il 90 per cento di quello che sappiamo è solo nella nostra testa e non c’è da nessuna parte online e per questo vogliamo costruire un database di valore per tutti” hanno detto Adam D’Angelo e Charlie Cheever, i creatori di Quora (fonte L’Espresso). Forse i loro nomi non mi vi diranno molto, ma sappiate che fino a qualche tempo fa erano parte dello staff di Facebook. Teniamoli d’occhio!
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