E’ attesa per le prossime ore l’ennesima rivoluzione (di solito si dice cambiare tutto per non cambiare niente) di Facebook: ma se in passato il re dei social networks ci ha abituato a continui aggiornamenti ma limitati a dettagli e piccole implementazioni questa volta il passo in avanti sembra decisamente più sostanzioso.
La novità è stata presentata al recente “Facebook 8”, l’annuale ritrovo dei vertici insieme a Zuckerberg ed occasione per comunicare al mondo i piani, le soluzioni, le prospettive e le novità legate all’ormai celebre marchio.
Timeline è decisamente il termine migliore per riassumere tutte le peculiarità del nuovo layout: si tratta infatti di una decisa virata verso un’impostazione da loro definita “strorytelling” ovvero una precisa gestione cronologica del proprio spazio e delle proprie attività. Una headline personalizzabile conferisce un aspetto più ufficiale e piacevole alla parte alta della pagina: sotto di essa il consueto spazio bianco viene diviso verticalmente e simmetricamente in 2 metà dalla linea del tempo. Ai due lati di essa sono poste le attività del soggetto in modo da poter identificare con facilità cosa abbiamo fatto, scritto, mangiato, visto, visitato, pensato nel corso della giornata, settimana, mese, anno. Assieme ai nostri post compariranno anche gli aggiornamenti degli amici: desta qualche perplessità la giustapposizione casuale riguardo la paternità degli interventivisto che i nostri e quelli degli altri compaiono indifferentemente sui due lati della timeline. I filtri per gestire la nostra presenza sulle bacheche altrui consentono di utilizzare una sezione Ticker dove riportare contenuti senza che essi debbano necessariamente “sporcare” altre bacheche. Per far capire quante cose in più Facebook voglia sapere da noi basta vedere quali nuovi campi ha previsto per la suddivisione delle attività: Lavoro ed Educazione, Famiglia e Relazioni, Living, Salute e Wellness, Pietre Miliari ed Esperienze, tutti con ulteriori sottocampi che possono portare alla condivisione totale di tutto ciò che abbiamo vissuto.
Attivata l’app Open Graph quindi l’universo della condivisione viene implementato considerevolmente: dal vecchio “mi piace” o semplice link si passerà ad un’interazione multimediale superiore grazie a spotify ed alla gestione avanzata della Timeline. Open graph infatti si occupa di visionare il materiale da noi uploadato e segnalato e mostrare frequenze, periodicità, tendenze nelle nostre scelte. Lo switch da semplice spazio generico a diario personale appare ancora più evidente nel proposito di “riempire i gap“: la caratteristica di Facebook attuale è (era) quella di mostrare una serie di caratteristiche personali ed attività, cancellando via via ciò che avevamo espresso nel passato. Per molti si tratta di un limite ma a pensarci bene ci evita situazioni a volte imbarazzanti ed in linea di massima evitabili. D’ora in poi – volendo sfruttare tutte le opportunità messe a disposizione – sarà invece possibile completare tutte le parti mancanti per costruire la nostra immagine, ridefinendo inoltre il nostro passato: è questa probabilmente la scommessa più grande mai fatta da Facebook, diventare una rete non solo di profili ma di diari. Lo scetticismo intorno a quest’argomento è considerevole ma non va dimenticato che il colosso di Zuckerberg non ha quasi mai fatto errori grossolani ed è riuscito ad infrangere tabù socio-culturali precedentamente considerati invalicabili. Rimane da capire se questa apertura totale alle nuove generazioni di utenti in veste di piattaforma universale di comunicazione possa in qualche modo scoraggiare gli utenti della prima ora ormai fidelizzati all’approccio alla base dell’attuale successo di Facebook.
Riflessione personale
Possono sembrare questioni di lana caprina ma le discussioni riguardo l’evoluzione di un social network sono importanti alla luce del ruolo che queste piattaforme hanno assunto nella vita di centinaia di milioni di persone. Continuare ad ignorali o a bollarli come passatempo (o perditempo) per adolescenti, esibizionisti ed egocentrici rappresenta un approccio poco funzionale e poco lungimirante. E, fattore non secondario, non consente ai possibili utilizzatori di conoscere a pieno né le potenzialità né le conseguenze indesiderate derivanti dal loro uso. Facebook rappresenta oggi per un pubblico estremamente eterogeneo per estrazione, cultura, paese, lingua, background una seconda casa, un contenitore al tempo stesso intimo e aperto dove inserire milioni di informazioni di svariata natura. Volendo valutare la tendenza con occhio attento si potrebbe affermare che in un mondo di persone solitamente scettiche e diffidenti Facebook per primo ha abbattuto la barriere consentendo loro di rinunciare volontariamente (in maniera spesso automatica o inavvertibile) alla propria privacy. Poeticamente si tratta di un’evoluzione sostanziale nel concetto di rapporto interpersonale ma spesso non valutiamo le “controindicazioni” di tale apertura. Non è detto che ciò che postiamo o linkiamo rappresenti esattamente la nostra personalità, anzi: la tendenza ad identificare il profilo personale con la persona è spesso fonte di incomprensioni e fraintendimenti. Da non sottovalutare inoltre il fatto che ormai è prassi consolidata anche nei rapporti lavorativi utilizzare la consultazione dei profili per giudicare coloro con cui dovrem(m)o interagire, rendendo di fatto inutile cercare di fornire una rispettabile immagine di sé tramite i canali convenzionali.
Siamo le cavie di un processo ancora non documentato, i primi sperimentatori di nuove tipologie di interazione e come tali godiamo sia dei vantaggi che dei difetti. In riferimento all’oggetto dell’articolo la direzione presa da Zuckerberg e soci per questo “nuovo corso” sembra lanciarsi ancora di più in questa apparentemente insolvibile dicotomia. L’idea che un sistema voglia sostanzialmente diventare il nostro biografo appare in qualche modo insolita e, se mi è concesso, un po’ pretenziosa: nell’esempio mostrato alla presentazione si vede come la pagina non riporti solo le ultime attività ma diventi una specie di album personale che rimanda ad eventi e situazioni dell’adolescenza se non addirittura infanzia. Idea riproposta in un video ufficiale che mostra la vita di un utente dalla nascita nel 1974 fino ad oggi, riportata attraverso foto e video come una specie di piccolo truman show. E’ innegabile il fascino e l’interattività di una vita interamente “mappata” e consultabile ma non è certo facile diventare storytellers, specie se di se stessi. E se già c’erano interrogativi sulla gestione del proprio privato ora certamente il quesito si farà più pressante. Quanto vogliamo condividere con il mondo? Che funzione ha il materiale da noi condiviso nella definizione della nostra immagine? Quali conseguenze può portare il fatto che le persone a cui noi consentiamo di conoscere la nostra vita possano accedere ad una sempre maggiore mole di contenuti? Con questo non voglio allarmare nessuno, ma credo sia il caso di iniziare ad analizzare questi fenomeni con competenza e dedizione senza considerarli come passeggeri o evitabili. Le soluzioni passano sicuramente attraverso l’acquisizione di una più completa consapevolezza che permetta di sfruttare le infinite potenzialità delle nuove tecnologie controllando tutti parametri e gestendoli in maniera ottimale. Chiedendosi poi a chi interessi conoscere questa mole di informazioni accessorie si giunge inevitabilmente alla conclusione che sia il marketing avanzato a bramare l’opportunità ancora relativamente utopica della profilazione totale, del marketing “one to one”: la nostra storia, le nostre scelte, le nostre esperienze di vita anche più insignificanti aiuteranno a definire il nostro quadro in modo che i messaggi inviateci abbiano una sempre maggior grado di successo. Come sempre per capire a cosa stiamo andando incontro non dobbiamo far altro che aspettare, e nemmeno poi tanto.